
Ristorante Dessance, l’elogio della dolcezza a Parigi
Spesso le vere rivoluzioni sono più silenziose di quanto non si pensi. Non è la prima volte che si parla di ristoranti di soli dessert (avevo già provato nel lontano 2004 l’Espai Sucre di Barcellona) ma a Parigi la cosa assume una connotazione molto diversa.
Indiscutibilmente Parigi è la capitale dell’alta pasticceria, la tradizione è cosi radicata ed il livello qualitativo così alto che alla fine risulta più difficile uscire dal perimetro gastronomico che le ha dado la gloria eterna. Parigi offre Saint-Honoré, Paris-Brest, Millefeuilles, Mont-Blanc e altra pasticceria da delirio. Chi osa competere con queste autentiche opere d’arte gastronomiche create esclusivamente per il superfluo piacere delle papille gustative?
Chi osa si chiama Dessance ed è il ristorante creato da Philippe Barnés con la maestria di Cristophe Boucher.
L’appartamento che ho affittato per il mio soggiorno parigino non si trova molto lontano da Dessance, siamo in zona Marais. Chiedo consiglio nel negozio di prodotti gourmet dove vado ogni tanto a togliermi qualche capriccio. Mi rispondono che ne hanno sentito parlare, non ci sono mai stati e che non hanno intenzione di andarci: come si può fare un pasto con soli piatti dolci? Oltretutto avendo a disposizione le migliori pasticcerie del mondo!
Il nome “Dessance” risulta dalla combinazione delle parole “dessert” e “naissance”. Lo definiscono “ristorante gastronomico attorno ai sapori dolci” ed infatti non vuole essere un ristorante di dessert. Piatti dolci, si, ma a base degli zuccheri naturali della frutta, della verdura e delle erbe aromatiche. Mi ricorda il lavoro di Josean Alija sul concetto di dessert senza zuccheri aggiunti.
Sono piatti creati e lavorati con le tecniche del salato applicate a ingredienti naturalmente dolci. Boucher è uno chef che per il caso della vita ha dovuto lavorare come pasticcere.
Ed infatti questa è un’altra frontiera che Dessance vuole rompere, quella della tradizionale separazione tra cucina e pasticceria, tra cuoco e pasticcere, tra piatti salati, la serie A e i dolci, la serie B, i piatti superflui che in più di un locale arrivano a rovinare un intero pasto, per la scarsa attenzione che alcuni ristoratori gli attribuiscono.
Questa frontiera da Dessance svanisce: il pasticcere è chef, il dolce è trattato alla stregua del salato.
Nasce un nuovo tipo di cucina e l’esperienza è indimenticabile, stabilisce un prima e un dopo. Si scoprono aromi e sapori veri, l’assenza di zuccheri aggiunti esalta il sapore ed il profumo naturale degli ingredienti.
Il menu “Carte Blanche”, costa solo 36€ e include un antipasto, 3 piatti di stagione, 1 dolce e una mignardise. Con un supplemento molto contenuto si può avere un abbinamento di 4 calici scegliendo tra due opzioni: bevande senza e con alcol, oppure solo bevande alcoliche. Tra l’altro l’ampio orario di apertura, da mezzogiorno alle 23:00, permette di sperimentare e interpretare liberamente la cucina di Dessance come un brunch, un pranzo, una merenda o una cena, a seconda dei gusti. Si può anche mangiare al bancone, dove montano i piatti, godendosi lo spettacolo della preparazione. È uno show gastronomico.
L’intero menù è ideato in modo da iniziare dai piatti meno dolci fino ad arrivare, in un crescendo, al vero e proprio dessert.
Il primo piatto è da shock, ma ci si riprende ed è fantastico. Unisce la dolcezza della burrata pugliese con il tocco dell’arancia tarocco candita, crea un contrasto con il piccante sorbetto di mostarda verde e la testura croccante della polvere di mostarda gialla. Me ne innamoro. Dieci e lode.
Il secondo piatto è un’altra sorpresa, sviluppato attorno alla acidità della fragola, fresca e a caramella, combinata con il ravanello marinato, con la dolcezza inaspettata del sorbetto di prezzemolo brinato e con la spuma di formaggio fresco.
Segue un altro piatto emblematico, protagonista la banana macerata sottovuoto con la vodka durante due ore. È una specie di cottura senza calore che modifica la testura del frutto diventando moelleux, senza disperderne gli aromi, che invece si moltiplicano. Accompagna un gelato di sedano e zenzero con pezzetti di limone candito.
Il gran finale arriva con la star assoluta della degustazione: l’Omelette à la Norvegienne.
È un vero dessert, è una opera d’arte, è un dolce barocco e avanguardista allo stesso tempo. Lo annuncia in sala un gran fracasso proveniente dalla cucina seguito da un preoccupante odore di bruciato.
Infatti il dolce viene prima affumicato con aghi di pino e poi flambé al whisky. All’interno di questa leggera e possente corazza di meringa si nasconde una profumata genovese di cioccolato, una suadente crema di caramello e la freschezza aromatica del gelato alla vaniglia. Solo vale il viaggio.
Parigi, maggio 2014
#retrospettiva